Il campo e il pallone

Nel ventunesimo secolo il calcio ha assunto le tinte di un evento mediatico ancor più che sportivo. Giocatori, infrastrutture, eventi e persino la cornice del pubblico sembrano scendere sulla passerella di uno spettacolo che fa dell'estetica il suo motivo principale. Nell'era degli sceicchi, dei trasferimenti di giocatori pagati a suon di milioni, di diritti televisivi e scandali scommesse, dei social network, mezzi attraverso cui ostentare opulenza e rimarcare il proprio status di "privilegiati", questo sport ha ormai perduto la propria quintessenza, quella natura quasi rustica e selvaggia che ha accompagnato decine di generazioni diverse, sui campi di provincia di tutta Italia e, ovviamente, di tutto il mondo.


Vogliamo allora partire proprio da qui, dal terreno brullo e il più delle volte imperfetto, l'erba tagliata male, le buche e le zolle, la sabbia e la ghiaia. Qui è racchiusa l'essenza del calcio: nei campi calcati da ragazzini che ripongono nella sfera di cuoio i propri sogni, le proprie fantasie, ma soprattutto il proprio divertimento. Qui si impara, per quanto possibile, a crescere; si apprende che l'avversario va rispettato, temuto ma proprio per questo combattuto, con tutto l'impegno e la determinazione possibili. Qui si lotta, ci si sostiene, si esulta e si piange. Non vi sono telecamere sui campi di provincia. Niente cerimonie pompose, niente eccessi, nessuna intervista e nessuna televisione. Ci sono solo loro, il campo e il pallone; il giocatore di provincia ha un rapporto quasi viscerale con essi. Sono i due elementi con i quali trascorre la maggior parte del tempo, ai quali ritornano i pensieri non appena li deve abbandonare, per tornare alla vita di tutti i giorni.


La fotografia scelta oggi dall'archivio di Storylab ben rappresenta questo concetto di calcio provinciale ed è interessante soffermarsi su quei dettagli che di primo acchito potrebbero passare inosservati. Innanzitutto l'esiguità di pubblico, limitato ai pochi appassionati e/o conoscenti dei giocatori. Poi il terreno brullo, le porte, ancora in legno, e le divise dei calciatori, semplici magliette a maniche lunghe che allora non potevano usufruire delle innovazioni nei tessuti di cui oggi disponiamo.


Questo è il calcio che ci piace ricordare, uno sport vero e proprio prima ancora che un evento, un modo per svagarsi e passare il tempo libero. Il calcio di oggi ha con ogni probabilità perso gran parte dei propri valori, ma questi ancora vivono nel cuore di tutti i giocatori di provincia, di persone comuni che in esso vedono un divertimento e modo per emozionarsi ancora, siano essi bambini, adulti o anziani.

Andrea
Andrea Bellini

Bergamo in cartolina

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Dalla cornice di Porta San Giacomo