Una storia che si ripete

C'è sempre qualcuno più a nord di noi e i profughi non hanno sempre avuto la pelle scura.
Invece storcere il naso, considerarli con fastidio, con sospetto, ha sempre fatto parte di questo mondo, una chiusura innata, connaturata all'essere che siamo.
Per ricordarlo basta questa fotografia, che pare il quadro di un pittore neoplasticista, e ritrae la "Casa dei profughi" inaugurata poco al di là della circonvallazione, in viale Venezia, a Bergamo., nel 1951.
Ospitava, come ricorda Adriano Rosa, "venti famiglie profughe dalla Dalmazia. Nello stesso periodo prende corpo una comunità molto numerosa alla Celadina, sopratutto nell'isolato più a Nord, quello di Via Monte Grigna, dove la stragrande maggioranza degli abitanti arriva dall'Istria o dalla Dalmazia. I primi profughi cominciarono ad arrivare prima della fine della guerra e molti furono provvisoriamente ospitati alla Clementina. Fu allestita anche una mensa giornaliera in Via Masone che funzionò per due anni. Una storia di persecuzioni, vessazioni, di nostro connazionali".
Già. Una storia di persecuzioni e vessazioni (non l'unica, purtroppo: ce ne sono altre, più attuali). Anche se ora celebriamo la Giornata del Ricordo, scordando che alla violenza dei partigiani di Tito si sommava troppo spesso l'indifferenza o l'ostilità di chi invece avrebbe dovuto considerarli fratelli, dando loro accoglienza e non soltanto pur utili e indispensabili mura.

Giorgio
Giorgio Bardaglio Giornalista

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