Sogno o son desto?

Bergamo, Piazzale della Stazione. È tarda sera. Sei stanco e infreddolito e finalmente il tuo treno arriva al capolinea. Ti affretti a scendere e imbocchi l’uscita. Cominci ad incamminarti lungo quello che una volta era Viale Roma, un passo davanti all’altro, ancora assonnato, reduce dal pisolino che hai schiacciato durante il viaggio. Sei affamato e vuoi solo giungere a destinazione, quasi non alzi gli occhi da terra. Ma quella sera la strada riflette uno strano bagliore, un’aurea misteriosa... e allora la alzi la testa e rimani a bocca aperta…

Una città incantata si staglia di fronte a te. Una vista talmente spettacolare da toglierti il fiato. Una miriade di piccole luci, una dietro all’altra, che vanno a comporre un profilo di Città Alta da favola che ti ripaga immediatamente da tutte le fatiche del viaggio. E rimani lì così, con stampato in viso il dolce sorriso dell’incredulità, quello che ti veniva da bambino quando assistevi agli spettacoli di magia ed eri troppo sognatore per vederne i trucchi.

«Sogno o son desto?» Chissà se i viaggiatori appena arrivati a Bergamo devono aver pensato di non essersi ancora risvegliati, di essere immersi in un bellissimo sogno, perché se già normalmente il profilo della città antica colpisce il visitatore dall’alto di tutta la sua meraviglia, uno spettacolo così solo in un sogno si poteva immaginare.

Non abbiamo notizie certe di questa bellissima immagine condivisa con noi da Roberto Brugali, uno degli amici di Storylab più affezionati. La descrizione offerta da un altro utente, però, sembra calzarle a pennello. Adriano Rosa ipotizza la fotografia possa essere datata fine anni cinquanta, ricordando un passo de Il Novecento a Bergamo (Frattini e Ravanelli, 2013): «La meraviglia, una sera d’agosto nel 1957, di un viaggiatore appena sceso dal treno nel vedere l’inimitabile profilo di Città Alta tutto illuminato». E continua così: «Un cronista de “L’Eco di Bergamo” ha poi raccontato: “Quel viaggiatore, poco prima dell’arrivo in stazione, mi aveva confessato il suo rammarico per non poter vedere, essendo sera, lo spettacolare profilo di Città Alta. E invece, a sorpresa, gli è stato gentilmente offerto pur nell’ora nero seppia della sera. La sua meraviglia quando in alto, disegnato in punta di luce, ha visto stagliarsi il profilo è stata quasi infantile e non la finiva più di dire ‘stupendo, fiabesco!’».

Un’altra utente, Aurora Cantini, ci informa poi che l’illuminazione in Città Alta ha origini ancora più lontane, ben prima dell’arrivo dell’illuminazione artificiale. Nell’agosto del 1859, infatti, in occasione della visita a Bergamo del Re Vittorio Emanuele per l’annessione della città al Regno di Sardegna, Città Alta fu illuminata da 50.000 fiaccole che ne disegnarono il profilo come un gioiello.

Roberto Brugali continua informandoci che Città Alta offrì un meraviglioso spettacolo di luci anche nell’agosto del 1901, durante una grandiosa festa del patrono Sant’Alessandro, e nel 1939, all’inaugurazione del Monumento ai Caduti Fascisti, soprannominato subito ol pà de saù, il pezzo di sapone, a causa della sua caratteristica forma a parallelepipedo. Così fu descritta quella serata nelle cronache dell’epoca: «Ieri sera tutta Città Alta si rivelava nel suo profilo architettonico da una striscia di luce che da Porta San Giacomo raggiungeva, senza discontinuità, Porta Sant’Agostino. Torri, campanili, cupole, chiese, case, tutto era rilevato nella notte dalla successione delle lampadine elettriche: più in alto, sul maschio della Rocca, spiccava un luminoso “Dux”» (Frattini e Ravanelli, 2013). Ma, scrutando meglio l’immagine, seguendo il profilo della Città da sinistra a destra, non ci pare di scorgere proprio quella scritta lassù in alto, in corrispondenza della Rocca?

Forse abbiamo dato una data e una storia a questa splendida fotografia. Forse no. Quel che è certo è che ne abbiamo potuto parlare solo grazie a voi, e che ci avete fatto sognare un bel po’. 

Fiorenza
Fiorenza Legrenzi

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