Ol zoch de la bàla

Il tempo passa, alcune cose cambiano, altre non vanno più di moda. Oggi forse è più facile incontrare qualcuno che si diletta con discipline orientali piuttosto che con la palla elastica, ma un tempo nel nostro territorio e, in particolare, nelle valli, la vera passione era riservata a questo sport, diffuso anche a livello professionistico. Si organizzavano non solo tornei di paese, ma veri e propri campionati (il primo nel 1912). Venivano costruiti sferisteri (impianti adibiti a questo sport), ma il luogo preferito per il gioco rimanevano comunque le «strècie» delle contrade e dei paesi.

La palla elastica è un gioco antico, di origine romana e conosciuto dai Greci, citato da Omero nell’Odissea e nei secoli da altri autori come De Amicis e Pavese. Lungo tutta la sua storia ha cambiato nome, nelle valli era conosciuto come «la bàla», e anche regole, ma, in sostanza, il gioco si svolgeva su un campo di terra battuta lungo 96 metri e largo 20, con un muro d’appoggio su un lato. A sfidarsi erano due squadre composte solitamente da quattro giocatori (un battitore, la spalla e due terzini) che colpivano la palla a palmo aperto, in alcuni casi ricoperto da uno strato di stoffa, al volo o al massimo al primo rimbalzo. Era un batti e ribatti. Le squadre erano schierate una in rimessa e una in battuta, il punteggio veniva calcolato grosso modo come quello del tennis, ogni 4 punti si vinceva un gioco, ed ogni partita era costituita da un minimo di 6 ad un massimo di 11 giochi in base alla categoria dei partecipanti. In nome della sportività c’era anche un terzo tempo in cui la squadra perdente pagava da bere alla vincente.

I palloni erano originariamente fatti con la vescica del maiale, a Vertova detta «pessella» e a Casnigo «sconflèta», che poteva essere utilizzata solo un giorno, perché a causa del materiale, il giorno successivo era «schésc», sgonfia (da qui nasce il celebre insulto «ta set schésc come ona sconflèta»). Nella città di Bergamo questo gioco era praticato già nella seconda metà dell’Ottocento, nel luogo sotto alla porta Sant’Agostino che ancora oggi è chiamato, non a caso, Baluardo del pallone. Nelle valli era particolarmente diffuso, soprattutto attorno agli anni Trenta, ad Ardesio, nelle terre della Valgandino e anche ad Albino. Proprio in quest’ultimo paese è stata scattata la fotografia di Gianmaria Capelli, che ritrae un uomo intento alla battuta della palla elastica. 

Questa sera Bergamo si trasforma in una grande palestra a cielo aperto grazie all’ottava edizione della Notte Bianca dello Sport, che porta lungo il Sentierone le discipline sportive più disparate. Chissà che tra parkuor e ginnastica artistica possiate incontrare anche qualche giocatore di palla elastica, in onore dei bei vecchi tempi.


Monica
Monica Semperboni

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