La Fara di Città Alta e la fotografia che sorprende

Le sorprese più belle, di questi tempi, non si trovano soltanto sotto l'albero. Un errore, uno sbaglio, l'illusione d'un immagine riflessa, come allo specchio. Di primo acchito, osservando questa fotografia, abbiamo d'istinto avvertito qualcosa di "storto", attribuendolo allo scatto, a un lazzo del fotografo, come se la scarpata che c'è attualmente sul fianco della ex chiesa fosse indossata pure sull'altro dorso, grazie a un gioco di esposizioni e riflessi. Osservandola meglio però abbiamo compreso che a essere distorta non era l'immagine, bensì la realtà, quale la percepiamo.

Il verde declivio della Fara infatti, quel manto di prato che si distende placido da città alta fino a lambire Sant'Agostino, non è tale e quale fin dall'alba del mondo e questa fotografia ne dà testimonianza più di qualsiasi racconto. C'è stato un tempo in cui quel picco era un abisso e tra i due piani del centro correva come una ruga, un solco profondo, una valletta ripida e scoscesa, ferita slabbrata di cui ora ignoriamo l'esistenza soltanto perché è intervenuta a cicatrizzarla l'opera dell'uomo.

Di quella natura aspra e perfino selvaggia resta dunque il ricordo, oltre che una lezione non da poco: i paesaggi possono cambiare, resta invece, in dosi e modi diversi, il senso del bello.

Giorgio
Giorgio Bardaglio Giornalista

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